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Uscita del museo

delle Cappelle Medicee

Firenze - Italia

museo

ente banditore_Museo

Nazionale del Bargello

progetto_2018

Il progetto ha avuto una

MENZIONE

altri componenti del gruppo:

Serena Borea

Marina Di Guida

Piera Milione

Renato Rosa

Davide Uccello

La nostra soluzione progettuale dell’uscita, e della sistemazione esterna delle Cappelle Medicee, in primis restituisce continuità spaziale con il contesto urbano ad un’area che per pura convenzione è separata da esso: il primo obiettivo è stato dunque dissimulare la recinzione richiesta, annullando la linea di discontinuità tra il dentro ed il fuori, pur mantenendo la interdizione dell’accesso.

L’uscita, inoltre, è una funzione che non necessita di segnalarsi, per cui la proposta utilizza forme semplici e (dall’esterno) mute, che per la loro sola disposizione sul suolo sono parametri che esaltano la permeabilità visiva dello spazio, lo sguardo in profondità tra di esse.

 

Il parallelepipedo dell’esistente ascensore ha dunque generato una famiglia di elementi in acciaio adagiati, come sculture contemporanee, sulla pavimentazione in pietra serena che prosegue quella dell’intorno. Tra loro permangono tratti di recinzione semplice, formata da aste sottili in ferro pieno.

 

Il rapporto del progetto col contesto architettonico ha preso spunto dai numerosi riferimenti che lo circondano e che parlano di facciate nude con le quali confrontarsi e di stanze segrete e sotterranee con le pareti venate da disegni, di architetti che hanno scolpito lo spazio e di scultori che hanno architettato infilate prospettiche, di materiali che hanno stratificato la storia del luogo e di quelli da accostarvi per analogia di peso e differenza di storia.

 

Il primo padiglione fa da copertura al foro della scala di risalita dal piano interrato, il cui smonto è protetto da un cubo vetrato. L’ultimo invece, parallelo al tratto di via del Canto dei Nelli che va verso piazza di Madonna degli Aldobrandini, consente l’uscita definitiva in strada ed il controllo della stessa ad addetti alloggiati in un altro cubo vetrato in esso incluso.

 

Gli altri due padiglioni, tra loro compresi, hanno anch’essi l’ambivalenza di blocco pieno verso lo sguardo esterno e di contenitore aperto verso il percorso: alcune loro pareti interne sono specchi che funzionano come strumenti che disegnano prospettive, con modalità ed effetti differenti ma di pari stupore.

 

Al primo, perpendicolare al muro della Sagrestia Nuova ed alla scala, ci si arriva indirizzati da un letto di ghiaia grossa che, nel primo punto in cui convergono i percorsi dei disabili provenienti dall’ascensore e dei normodotati provenienti dalla scala, di fianco a due panche in marmo bianco, è artifizio che impedisce l’uscita diretta ed incanala il cammino verso lo scorcio prospettico giusto.

Da lontano ci si vede riflessi nella parete di fondo del padiglione ed il movimento spontaneo verso di essa sposta progressivamente l’angolo della prospettiva svelando la presenza riflessa della statua dell’Elettrice Palatina nel luogo in cui alloggiava prima del suo restauro. L’effetto è ispirato a quello delle Tavolette Prospettiche del Brunelleschi e, invece di accadere con lo sguardo attraverso i fori, immerge totalmente chi lo vive, fino allo stupore per l’assenza fisica della statua che segna la fine di un segmento del percorso ma anche l’inizio di quello successivo.

 

Girandosi verso l’uscita, attraverso il penultimo padiglione si inquadra uno degli otto lati della Cappella dei Principi e la sua finestra incorniciata di bianco posta ad altezza d’uomo, obiettivo di un nuovo movimento spontaneo. Il padiglione diviso in due ospita sulle pareti di fondo specchi contrapposti che creano l’illusione ottica della prospettiva infinita, nella quale tutto è riflesso perpetuamente ad eccezione di chi guarda, che si vede una volta sola poiché in asse con se stesso.

 

E’ questo l’ultimo atto della rappresentazione della prospettiva nel luogo che l’ha vista nascere.

La definizione dello spazio interrato e la sua caratterizzazione con materiali e finiture è specchio di quella del pianterreno.

Oltre ai volumi dei due collegamenti verticali che piombano dall’alto indicando la direzione di uscita, vi sono altri blocchi più piccoli dello stesso materiale, l’acciaio, che ospitano le funzioni espositive delle pubblicazioni e degli oggetti in vendita nel bookshop.

 

La disposizione nell’ambiente unico ed interrato di questi parallelepipedi articola i percorsi di fruizione tra di essi in maniera fluida e circolare.

 

La cassa del bookshop è accolta nella modellazione del blocco in marmo bianco ai piedi della scala, in posizione baricentrica rispetta ad entrambi i tragitti di risalita: la scala per i normodotati e l’ascensore per i disabili.

 

Il marmo bianco è il materiale dei finitura anche del basamento del muro medievale che separa il bookshop dall’area a forma di cuneo destinata alle installazioni multimediali.

Una base stereometrica che misura per accostamento la linea frastagliata del muro antico il quale risulta così compreso tra essa ed il volume della controsoffittatura che sovrastandolo contiene macchine, tubazioni e griglie di mandata e di ripresa dell’impianto di trattamento e di ricambio dell’aria.

 

Tutto l’involucro di questo spazio interrato è finito con resina cementizia di colorazione neutra, spalmata sia sulle superfici verticali che su quelle orizzontali, per mettere in risalto la presenza dei vari volumi fin qui raccontati ed i loro materiali caratterizzanti.

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